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La ricerca appesa ad un filo..

Riportiamo un articolo dal mattino di  oggi sull’iniziativa svoltasi ieri al Portello da parte dell’Assemblea Dottorandi Padova.

Flashmob dei dottorandi contro la riforma Gelmini

Sit-in a porta Portello: “Il nostro futuro è appeso a un filo, il governo ci vuole precari tutta la vita”. Ripartono le lezioni all’aperto dei ricercatori, il rettore porterà il suo messaggio. Settimana decisiva
di Fabiana Pesci
La protesta a Porta Portello La protesta a Porta Portello

PADOVA. Dottorandi, ricercatori e studenti scendono ancora in piazza per dire «no» alla riforma dell’Università, in discussione alla Camera il 14 ottobre. Prima il flashmob al Portello, poi una quattro-giorni di lezioni all’aperto. Giovedì mobilitazione sotto il rettorato per «boicottare» il disegno di legge Gelmini. Fischio di inizio di una nuova settimana di protesta ieri mattina, a dare avvio alle danze l’associazione «Dottorandi indisponibili», che ha improvvisato un colorato raid al Piovego. Oggi stesso sarà la volta dei ricercatori: metteranno uno in fila all’altro una serie di appuntamenti al Bo «per cogliere il senso di avere un sistema universitario forte, capace di valorizzare ed attrarre i migliori e di porsi in dialogo continuo con la società». A chiudere le manifestazioni, il sit-in fronte Bo per dire no «ad una riforma che destruttura e precarizza l’Università pubblica».


FLASHMOB.
Era ancora buio quando i ragazzi dell’associazione dottorandi indisponibili hanno dato «assalto» al ponte di porta Portello: alle 6.30, armati di palloncini e striscioni, hanno messo in scena l’operazione «Il nostro futuro è appeso ad un filo». Hanno scelto il Piovego perché crocevia di migliaia di studenti, per renderli più partecipi possibile della situazione difficile in cui versa l’Università: palloncini su cui erano stati dipinti dei volti pronti a volare via, emblema dei cervelli costretti a fuggire. Per converso libri e riviste scientifiche a penzoloni a pelo d’acqua, a significare la ricerca che cola a picco. Poi scritte sull’arco della porta, sulle reti di recinzione degli istituti. Anche dottorandi, assegnisti e borsisti – i non strutturati dell’Università – si sono uniti ai ricercatori nella lotta per salvare il proprio futuro, e quindi quello della ricerca. Hanno dichiarato a chiare lettere che non faranno mai da tappabuchi ai corsi lasciati vacanti dai ricercatori, che attraverso la dichiarazione d’indisponibilità didattica vogliono dimostrare il proprio dissenso nei confronti del ddl Gelmini. Appoggio ai più vessati dalla riforma universitaria, ma anche mobilitazione autonoma: i dottorandi – lo sottoscrivono in un documento inviato al rettore Giuseppe Zaccaria – «proclamano l’astensione dall’attività autorizzata di supporto alla didattica quando vada a compensare carenze sia croniche che straordinarie di risorse di insegnamento».

LEZIONI DI PROTESTA. I ricercatori, quindi, non si danno per vinti. E da oggi saranno al Bo ogni pomeriggio, dalle 17 alle 20, per parlare alla città. E’ previsto anche l’intervento del rettore Giuseppe Zaccaria all’apertura dei lavori, in programma alle 16,45. A chiudere la «quattrogiorni» di lezioni all’aria aperta, un discorso del sindaco Flavio Zanonato, che da sempre è al fianco della protesta dell’Università di Padova, stretta nella morsa della riforma Gelmini e della manovra Tremonti: «Abbiamo pensato – spiegano Paolo Guiotto ed Enrico Grisan, rispettivamente ricercatori di Matematica ed Ingegneria – di raccontare la ricerca alla città». Un palinsesto ricco di spunti, un intento esclusivamente divulgativo, per spiegare alla gente comune a cosa serve la ricerca che viene svolta tra le mura del Bo. E quali riflessi ha nella società. «La riflessione – continuano Guiotto e Grisan – è necessaria nel momento in cui una prospettiva drammatica di cambiamenti del governo italiano sull’Università pubblica prefigura un declino dell’istituzione».

SIT-IN AL BO.
Giovedì il ddl Gelmini affronterà la discussione nel secondo ramo del Parlamento. Alcuni ricercatori saranno a Roma, a protestare fuori da Montecitorio, sede della Camera, ma lo zoccolo duro padovano del fronte anti-Gelmini si è dato appuntamento sotto il rettorato, in via VIII febbraio, per dire «no alla riforma Gelmini». L’invito è esteso a tutte le componenti dell’ateneo: professori e ricercatori, ricercatori non strutturati, dottorandi, intermittenti precari della ricerca e della docenza, personale tecnico ed amministrativo. «Il 14 ottobre il ddl Gelmini verrà discusso alla Camera – recita il documento – per questo lanciamo un appello perché quella data diventi il giorno degli indisponibili: siamo vicini al punto di non ritorno e dobbiamo invertire la rotta. Che tutte le componenti portino la loro indignazione e manifestino lo stato di indignazione contro il progetto di riforma, per un’altra Università del futuro». Padova non si rassegna. Forme di protesta declinate in diverse modalità, ma con un unico comune denominatore: salvare l’Università pubblica.

Posted in Rassegna Stampa.